Il Decreto 236/89 e i requisiti di una casa in cui vivere bene
Marciapiedi, gradini e passaggi stretti sono solo alcuni degli ostacoli che rendono l’accesso a un edificio o a una stanza più difficoltoso, soprattutto per le persone con difficoltà motorie, che trasportano pesi o che hanno passeggini e bambini piccoli al seguito.
Sono le barriere architettoniche: elementi comuni a edifici pubblici e privati, che rendono più faticose, se non addirittura insuperabili, molte attività quotidiane e limitano la possibilità di muoversi liberamente dentro e fuori casa. Per questo motivo, nel 1989, in Italia, è entrata in vigore la legge 13 del 1989, che ha trovato applicazione nel Decreto Ministeriale 236/89 (D.M. 236/89). Ecco di cosa si tratta.
Le prescrizioni del decreto 236/89 per abbattere le barriere architettoniche
La legge 13/89 riporta le “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”. Il decreto ministeriale 236/89, invece, indica le “prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità” degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, con lo stesso obiettivo indicato dalla legge 13: superare ed eliminare le barriere architettoniche. Vediamo quali sono i principali contenuti del decreto e i suoi articoli più rilevanti.
Articolo 1 – Il campo di applicazione del DM 236/89
L’articolo 1 del D.M. 236/89 stabilisce l’ambito entro cui deve essere applicato il decreto:
- costruzione di edifici privati (residenziali, non residenziali e di edilizia residenziale convenzionata) e dei loro spazi di pertinenza;
- costruzione di edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, e dei loro spazi di pertinenza;
- ristrutturazione di edifici privati residenziali, non residenziali, di edilizia residenziale e di edilizia pubblica sovvenzionata e agevolata – anche se gli immobili sono stati realizzati prima del 1989 – e dei loro spazi di pertinenza.
Articolo 2 – Definizioni e tre requisiti fondamentali (accessibilità, visitabilità e adattabilità)
L’articolo 2 dà una serie di definizioni, tra cui quella di barriere architettoniche, di unità ambientale, di unità immobiliare, di edificio esistente e di parti comuni. In questo articolo riprendiamo solo la definizione di barriere architettoniche, per le altre rimandiamo alla lettura del testo del D.M. 236/89 in Gazzetta Ufficiale.
Per barriere architettoniche si intendono “a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea; b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti; c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.”
Inoltre, l’articolo 2 definisce i tre requisiti fondamentali per vivere bene in casa: accessibilità, visitabilità e adattabilità, che illustreremo nei prossimi paragrafi.
Articolo 3 – I criteri generali di progettazione
L’articolo 3 del decreto 236/89 entra nel dettaglio e chiarisce i requisiti previsti per i tre livelli di qualità dello spazio costruito:
- L’accessibilità è il livello più alto di qualità, perché permette di fruire subito di tutto lo spazio costruito e deve essere garantita:
- negli spazi esterni;
- nelle parti comuni;
- almeno nel 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, con un minimo di 1 unità immobiliare per ogni intervento;
- negli ambienti destinati ad attività sociali (scuole, ospedali, teatri, impianti sportivi…);
- negli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio.
- La visitabilità, invece, corrisponde a un livello di accessibilità limitato a una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, per permettere anche alle persone con difficoltà motorie o sensoriali di mantenere ogni tipo di relazione fondamentale. La visitabilità deve essere garantita in tutte le unità immobiliari, qualsiasi sia la loro destinazione, salvo alcuni casi elencati al comma 3.4 del decreto.
- L’adattabilità, infine, rappresenta un livello ridotto di qualità. Deve essere garantita in ogni unità immobiliare, qualunque sia la sua destinazione, in tutte le parti e nelle componenti per le quali non è già richiesta l’accessibilità o la visitabilità, salvo le deroghe consentite dal decreto.
Accessibilità, visitabilità e adattabilità sono i concetti chiave del decreto 236/89 e fissano i requisiti che non possono mancare in un edificio.
Vediamo come viene inteso ognuno di questi tre concetti e come si traducono nella pratica le indicazioni che ogni progettista deve seguire, in fase di nuova costruzione e di ristrutturazione.
Il requisito di accessibilità
Il decreto 236/89 definisce l’accessibilità come “la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.”
L’accessibilità deve essere garantita negli spazi esterni e nei luoghi comuni.
Il decreto dà chiare indicazioni su come progettare ogni elemento di una casa perché questa risulti accessibile a tutti. Soffermiamoci, in particolare, su quegli elementi che se non progettati adeguatamente risultano essere dei veri e propri ostacoli:
- Scale: devono avere un andamento regolare, dev’esserci lo stesso numero di gradini per ogni piano e ogni gradino deve avere alzata e pedata uguali agli altri; la pedata deve essere realizzata con un materiale che garantisce l’aderenza.
- Rampe: devono avere una pendenza tale da poter essere percorse da persone in carrozzella senza affaticarsi.
- Ascensore: deve avere una cabina abbastanza grande da poter ospitare una persona in carrozzella, deve essere dotato di un citofono, un campanello d’allarme e una luce d’emergenza.
All’art. 3.2 viene precisato che:
“Negli edifici residenziali con non più di tre livelli fuori terra è consentita la deroga all’installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala, purché sia assicurata la possibilità della loro installazione in un tempo successivo.”
Dunque, anche chi vive in un appartamento che si trova all’interno di un piccolo condominio di tre piani può richiedere, quando ne avrà la necessità, che all’interno del vano scala venga installato un ascensore in modo da poter accedere liberamente al suo appartamento.
L’articolo 4 del decreto, poi, entra nel merito dei criteri di progettazione per l’accessibilità delle unità ambientali e degli spazi esterni, elencando i requisiti di porte, pavimenti, infissi esterni, arredi fissi, terminali degli impianti, servizi igienici, cucine, balconi e terrazze, percorsi orizzontali (corridoi e passaggi), scale, rampe, ascensore, servoscala e piattaforme elevatrici, autorimesse, parcheggi e segnaletica.
Il requisito di visitabilità
Il decreto 236/89 definisce la visitabilità come “la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare.”
La visitabilità è un livello di accessibilità limitato ad alcune parti dell’edificio o dell’immobile che permette anche a persone con ridotta capacità motoria di avere ogni tipo di relazione fondamentale. Affinché tutti possano avere ogni tipo di relazione fondamentale il decreto stabilisce parametri tecnici e dimensionali precisi come la dimensione minima delle porte, il dimensionamento dei servizi igienici per garantire lo spazio di manovra che necessita chi si sposta in carrozzella. Gli edifici residenziali possono essere considerati visitabili se anche una persona in carrozzella può muoversi liberamente al loro interno e accedere al soggiorno, alla camera da pranzo, ad almeno un bagno e ai percorsi di collegamento tra un piano e l’altro.
Non solo case e condomini. L’articolo 5 del decreto indica i criteri di progettazione per la visitabilità anche in sale e luoghi per riunioni, spettacoli e ristorazione, strutture ricettive, luoghi per il culto e altri luoghi aperti al pubblico.
Il requisito di adattabilità
“ […] la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.” È questa la definizione di adattabilità che fornisce il Decreto 236/89.
Secondo l’articolo 6 del decreto, un edificio di nuova costruzione viene considerato adattabile quando i lavori eseguiti nel tempo, che non toccano né la struttura portante né gli impianti, possono renderli adeguati e accessibili a persone che hanno ridotte capacità di movimento o che si muovono in carrozzella. Nella progettazione, in particolare, bisogna fare attenzione a come si posizionano e si dimensionano i servizi, i disimpegni e le porte.
Devono esserci le condizioni perché in futuro si possano installare sistemi di sollevamento come un miniascensore o – qualora la scala non lo permettesse – di un montascale a pedana.
Articoli finali del D.M. 236/89
All’articolo 8, il decreto elenca le specifiche funzionali e dimensionali degli spazi di manovra necessari per le persone in sedia rotelle, e le caratteristiche di porte, pavimenti, infissi esterni, arredi fissi, terminali degli impianti, servizi igienici, cucine, balconi e terrazze, percorsi orizzontali e corridoi, scale, rampe, ascensori, servoscala, autorimesse e parcheggi.
All’articolo 9, indica le soluzioni tecniche conformi, mentre al 10 definisce i requisiti da rispettare nel redigere gli elaborati tecnici. All’11 sancisce l’obbligo per il Sindaco, nel rilasciare la licenza di abitabilità o di agibilità, di accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto della legge e nel caso, di richiedere al proprietario dell’immobile una dichiarazione resa sotto forma di perizia giurata, redatta da un tecnico abilitato.
Vivere bene nella propria casa con le soluzioni KONE Motus
La casa a più piani può rendere difficili, talvolta impossibili, gli spostamenti di chi ha difficoltà motorie tra un piano e l’altro. Se, però, il costruttore avrà rispettato le indicazioni sull’adattabilità, la casa potrà trasformarsi tenendo conto delle nuove esigenze di chi la abita.
Una soluzione potrebbe essere l’installazione di un miniascensore come Armonico di KONE Motus, che occupa appena un metro quadro di spazio e si inserisce in modo elegante in ogni casa grazie alle tante finiture tra cui scegliere. L’installazione è rapida e spesso non impatta sulle parti strutturali.
Nel caso in cui la scala non permetta l’installazione dell’ascensore, o si voglia comunque mantenere la scala, si può optare per l’installazione di un montascale a pedana come Fluido di KONE Motus, adatto al trasporto di persone in carrozzella, richiudibile e installabile su qualsiasi tipo di scala, rettilinea e curvilinea.
Sono soluzioni che si adattano alle mutate esigenze di vita, così, quando le capacità motorie non saranno più le stesse, con piccole modifiche – come l’installazione di un miniascensore o di un montascale -, sarà comunque possibile muoversi con facilità e vivere sereni nella propria casa.